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Tour del Sudafrica con il treno più lussuoso del mondo

Una volta che hai viaggiato, il viaggio non finisce mai, ma si ripete infinite volte negli angoli più silenziosi della mente. La mente non sa separarsi dal viaggio. (Pat Conroy)

Preparate i bagagli, amici miei. Abbiamo un treno da prendere, con cui attraverseremo il Sudafrica, da nord a sud, percorrendo le praterie dell’Highveld, un altopiano ricco d’oro, e le aride terre del Great Karoo, fino alle splendide terre vinicole del Capo. Ci serviranno degli abiti leggeri per il giorno, un cappello a tesa larga per ripararci dal sole africano e, naturalmente, un abito da sera: esagerate pure con lustrini e baffi impomatati, poi capirete.

Sappiate, infatti, che quello che prenderete non è un treno qualunque: non appena metterete piede sul Pride of Africa, perderete la percezione del tempo. Sarà come entrare in un’elegante bolla vittoriana fatta di champagne e panorami africani da cui non vorrete più uscire. Purtroppo dovrete credermi sulla parola e usare un po’ d’immaginazione – oppure fare un giretto sul sito di Rovos Rail – perché a bordo telefoni e macchine fotografiche non sono i benvenuti (un atto di gentilezza verso i passeggeri, per proteggere l’atmosfera belle époque). *

* Ok, lo ammetto: qualche scatto (veloce e sfuocato) l’ho fatto… li trovate sulla mia pagina IG, ma non ditelo a nessuno

Primo giorno: Kimberley, the Big Hole

Era il 1866, quando Erasmus Jacobs trovò accidentalmente un diamante di 21,25 carati sulle sponde del fiume Orange, nei pressi di Hopetown (il diamante prese il nome di Eureka: potete ammirarlo all’interno del Mine Museum di Kimberley). Cinque anni dopo, nel 1871, il secondo ritrovamento di una gemma di ben 83,50 carati scatenò una vera e propria corsa ai diamanti che richiamò nella zona migliaia di minatori.

Fu allora che la collina Colesberg Kopjesi si trasformò nel più grande scavo realizzato a mano dall’uomo, una miniera a cielo aperto di proprietà della De Beers Consolidated Mines: il Big Hole.

Il buco misura circa 170.000 m² di ampiezza, ha una profondità di 215 metri, un diametro di circa 240 e un perimetro di 1,6 chilometri: vi assicuro che trovarcisi sopra fa un certo effetto. L’ultimo colpo di pala all’interno del Big Hole risale al lontano 1914; da allora, l’enorme cratere ha accumulato un bacino di riserva idrica di circa 40 metri di profondità, che potrebbe essere registrato come patrimonio dell’umanità.

The Big Hole, visita alla miniera

Si stima che il Big Hole fruttò alla De Beers circa 3 tonnellate di diamanti, con l’impiego di circa 50.000 minatori. Facile imaginare quali fossero le estenuanti condizioni di lavoro, soprattutto quando vi troverete a scendere nelle gallerie sotterranee. Non ho mai sofferto di claustrofobia, ma vi assicuro che una volta entrata pensavo solo a come uscire da lì: le gallerie sono buie e strettissime, e il rumore delle esplosioni simulato da un sistema di amplificazione (per gli scavi veniva utilizzata la dinamite) è spaventoso e fin troppo realistico. Incontrerete vecchi carrelli minerari, vi imbatterete nelle postazioni degli operai e in polverose lavagne con impressi i loro turni. E a quel punto il vostro posto di lavoro vi sembrerà un vero “sciogno”.

Kimberley, la corsa ai diamanti in Sudafrica

A chi non piacerebbe bere una birra in un chiassoso saloon all’epoca della corsa ai diamanti? Sì lo so che non è il mio genere, ma piacerebbe perfino a me. Ecco, sappiate che Kimberley ha trovato il modo di farvelo immaginare piuttosto bene (anche se purtroppo, di birre nenche l’ombra). Entrate nelle sale buie e fumose di uno dei vecchi pub dell’epoca, con i tavoli di legno graffiati e le pubblicità dei liquori che andavano di moda un secolo fa, e poi aggiratevi tra le vie del vecchio insediamento minerario, ricostruito in perfetto stile vittoriano all’interno del Big Hole Complex e magari soffermatevi davanti alle vetrine dell’emporio; vedrete pizzi e corsetti contendersi lo spazio con brocche in ceramica e vasi da notte, e non ci vorrà molto per immaginarsi un commesso dale scarpe impolverate che batte sui tasti del registratore di cassa.

Secondo giorno: visita a Matjiesfontein, Sudafrica

Il villaggio vittoriano di Matjiesfontein, fondato come punto di ristoro nel 1890, sorge nel Karoo, una vasta regione pianeggiante e semidesertica. La suggestiva cittadina deve la sua esistenza alle Ferrovie del Capo, e al percorso che il loro fondatore, il Primo Ministro John Molteno, scelse per la linea ferroviaria che avrebbe collegato Città del Capo ai campi di diamanti di Kimberley.

La storia narra che il Primo Ministro abbia chiesto una mappa del Sudafrica e, prendendo un righello, abbia disegnato una linea da Città del Capo verso l’interno; egli consegnò poi la mappa ai suoi ingegneri, dicendo loro di costruire la ferrovia di conseguenza. Il 1 ° febbraio 1878 fu costruita la stazione di “Matjiesfontein”: difficile immaginare, allora, che un secolo dopo l’intera città sarebbe stata dichiarata monumento nazionale.

A rendere speciale Matjiesfontein è la cura con cui è stata restaurata: i suoi negozi, gli alberghi e i suoi saloon ripropongono fin nei minimi dettagli il lontano e polverono fascino vittoriano.

Terzo giorno: arrivo a Città del Capo

Città del Capo, la città madre del Sudafrica, è una città ricca di storia e contraddizioni, che ha saputo sconcertarmi ma anche entrarmi nel cuore. Si trova a pochi chilometri dai magnifici e verdi paesaggi delle Winelands, costellati di vigne e romantiche fattorie… ma questa è un’altra storia, che devo ancora raccontarvi.

[to be continued]

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